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Piani attuativi e disciplina urbanistica

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La cessata efficacia di un piano attuativo non eseguito non rende l’area interessata priva di disciplina urbanistica, alla stregua delle c.d. «zone bianche», per le quali risultano dettate le rigide prescrizioni di cui all’art. 4, comma ult., della legge 28 gennaio 1977 n. 10 – poi, confluito nell’art. 9 del d.P.R. n. 380 del 2001.

E’ quanto stabilito dal T.A.R. di Pescara, Sez. I, con la sentenza del 6/10/2009, n. 580. Secondo i giudici abruzzesi, infatti, tali prescrizioni appaiono giustificate per le zone nelle quali si riscontri la mancanza di qualsiasi programmazione d’uso del territorio, mentre qualora sia venuta meno soltanto la pianificazione attuativa, deve in primo luogo farsi riferimento al Piano Regolatore Generale per individuare i limiti della sempre vigente disciplina di uso del territorio.

Pertanto, solo un P.R.G. privo dei requisiti essenziali di cui all’art. 7 della l. 1150/1942, nel testo sostituito dall’art. 1 della l. 1187/1968, potrebbe rendere l’area – nell’eventualità di sopravvenuta inefficacia delle norme del piano attuativo – assimilabile ad una c.d. “zona bianca”, disciplinata alla stregua delle aree prive di regolamentazione urbanistica.

Negli altri casi, di conseguenza, alla scadenza delle norme attuative, permane la disciplina d’uso del territorio disposta a livello di P.R.G., con sopravvenienza o meno della sola necessità di ulteriore pianificazione attuativa (conformi: T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 6/10/2006, n. 8498; Cons. di Stato, Sez. IV, 14/10/2005, n. 5801).

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